Le pipe di terracotta

Le pipe di terracotta

Pubblicato : 20/06/2019 11:30:34 - Categorie : Pipa

La storia delle pipe dalle origini ai nostri giorni è ancora tutta da scrivere. Un capitolo a parte, e forse il più interessante e importante, dovrà essere dedicato alle pipe in terracotta. Bassano del Grappa, una delle più belle città d’Italia, conosciuta per le sue famose grappe, per le sue prestigiose ceramiche e per il suo antico ponte detto “degli Alpini“ è stata anche la città italiana ed europea più famosa per la fabbricazione delle pipe in terracotta. Le origini della fabbricazione di pipe in terra risale al 1600-1700; i primi a fabbricarle furono i bassanesi già esperti nell’arte della lavorazione della terra per oggetti in ceramica.

L’arte di fabbricare pipe si sviluppò di pari passo allo sviluppo e alla richiesta di pipe sia dall’Italia che da Francia, Germania, Inghilterra, ecc. I primi a fabbricare dette pipe furono gli inglesi, gli spagnoli e i sardi, seguiti dagli olandesi, dai tedeschi e dai francesi. Generalmente in queste nazioni i modelli non si scostavano molto dalla tipica forma con pinchetto detta Corsara o Genovese.

Le prime pipe francesi vennero fabbricate a Dunkerque nella prima metà del XVII secolo; venne poi la città di Rouen che iniziò nel 1663; nel 1785 famose furono le pipe di Dieppe fabbricate da un certo “ Sieur Bretel. Come la più celebre pipa in terra francese, la Gambier, la pipa di Bassano fu la più celebre in Italia, sia per qualità che per quantità di pipe fabbricate. Gambier iniziò nel 1780 a Givet ai piedi del monte d’Haurs; lo sviluppo si ebbe nel 1894 quando nel catalogo offrivano quasi 2000 modelli. Bassano iniziò a svilupparsi nel 1860 quando le sue pipe venivano richieste in tutti i paesi del mondo, oltre che a coprire la richiesta nazionale.

Il prestigio, la vastità dei modelli e la tecnica di fabbricazione venne completata da Giuseppe Reatto che continuò in proprio la produzione delle pipe di Bassano nella sua casa di via S.S. Trinità, costruzione vincolata dalle Belle Arti di Verona, dove tuttora ( la fabbricazione cessò nel 1968 alla morte del Sig. Reatto ) vive la moglie Maria Reatto, che è considerata l’unica persona rimasta in Italia e all’estero che conosca alla perfezione l’antica arte di fabbricare pipe in terra. Maria Reatto conserva nella sua casa tutti gli stampi di bronzo e tutti i modelli che venivano fabbricati dal marito; fra i numerosi stampi, famoso quello che riproduce il campanile di San Marco in bronzo, a forma di pipa; pesa oltre 15 kg. Nella fabbrica Reatto venivano fatte sia i modelli Francesi ( Marsigliesi, Gambier, le Americane, le Samantha ) sia le pipe di Chemnitz, delle quali esistono tuttora gli stampi in perfetto stato pronti a essere nuovamente usati.

Reatto fabbricava: le Marsigliesi, le Napoletane, le Chioggiotte, le Romagnole, le Abruzzesi, le Ferraresi, le Lorenzo Stecchetti, le “ Non canta la Rana “  ( la Raganella venne molto tempo dopo ), la Salutare, ecc. ecc.

Un particolare: Reatto riforniva di pipe modelli Chemnitz il mercato tedesco, italiano, francese, austriaco fino alla Guardia Cosacca dello Zar Nicola Romanoff.

Riportiamo qui di seguito un’intervista fatta alla Sig.ra Maria Reatto.

< Mio marito Giuseppe Reatto ( Bepi ) rilevò un piccolo laboratorio che produceva pipe in terracotta e in pochi anni sviluppò e perfezionò questo lavoro fino a raggiungere una fama che varcò i confini d’Italia, esportando praticamente le nostre pipe in tutti i paesi del mondo. Ancora conservo corrispondenze, copie di ordini, fatture, ecc. di clienti di ogni paese d’Europa, d’America, d’Egitto, d’Israele e così via. I modelli che noi producevamo erano oltre 160 e ognuno aveva, oltre che il numero, anche il relativo nome, generalmente dato dal paese al quale era destinato: la Romagnola, la Chioggiotta, l’Abruzzese, la Marsigliese…Le pipe venivano fabbricate sia in terra rossa che in terra bianca e anche in vera terra Chemnitz, che mio marito faceva venire direttamente dalla Germania. In 35 anni che io sono stata qui non ne abbiamo mai più fatta venire; trovai una volta in una buca un buon quantitativo di dette pipe in terra Chemnitz che buttammo via. La terra bianca per le Chioggiotte veniva presa qui a Bassano dietro i poderi della chiesa S.S. Trinità dove non crescevano altro che le “ visele “ ( viti da uva ). Si scavava fino a che si trovava terra adatta per la nostra lavorazione; quando non se ne trovava più si incominciava a scavare in un altro posto. La terra scavata veniva messa in una grande buca fatta apposta e lavorata, macinata, filtrata. La terra rossa veniva dalle colline di Romano; per bene amalgamarla veniva miscelata con un poco di quella nostra bianca, e messa in una buca a parte ( si prelevava con una pompa ). Quando l’impasto era di una certa consistenza veniva impastata a mano e le pallottole, di grossezza come una pagnotta, venivano scaraventate con forza sulla parete di un muro eretto apposta in mattoni; l’impasto aderiva al mattone che ne assorbiva l’acqua. Un uomo addetto a questo lavoro voltava questi impasti. Il suo lavoro era esclusivamente quello di gettare queste formette di terra sul muro; questa terra così lavorata veniva messa in un gran locale di deposito ( in buca ) e tenuta pronta per la lavorazione; se la temperatura era asciutta si bagnava con acqua, per renderla di impasto giusto per la lavorazione. La terra veniva messa in un attrezzo chiamato “ Bigolaro “ che la pressava e usciva come un tubo; a mano si prendeva la lunghezza adatta da fabbricare una pipa e messa in uno stampo di bronzo.

Detti stampi erano in due metà esattamente uguali; quando la terra era nella metà dello stampo, si sovrapponeva l’altra metà e si metteva lo stampo in una morsa apposita e si stringeva, poi sempre a mano si mettevano i due broli, uno nella canna della pipa e uno nel vaso ( sia gli stampi che i broli venivano prima unti con una soluzione di olio d’oliva e nafta ). Levata la pipa dallo stampo veniva messa su un asse con dei chiodi ( ogni pipe su un chiodo ) e lasciata ad asciugare. Quando era asciutta ma ancora morbida veniva con un ferro apposito rifinita nel giuntura dello stampo. Le pipe in terra venivano messe nel nostro forno a migliaia; sotto il calore era più forte e dopo circa 10 ore di calore continuo, quando si vedeva che raggiungeva circa i 900°, si guardava la spia e se era rossa non erano cotte, si regolava con il registro e si faceva girare il calore dove era più necessario. Dopo circa 18 ore di fuoco continuato si lasciava spegnere il fuoco e si chiudeva il registro in modo che se qualche pipa non era perfettamente cotta poteva ancora cuocere; si lasciava poi raffreddare e il giorno dopo, generalmente al lunedì, si apriva il forno e si levavano le pipe cotte; si apriva il registro così gli operai trovavano la merce pronta da levare e confezionare; le rotture non arrivavano nemmeno all’uno per cento. Due parole le vorrei spendere per le pipe in terra nera. La lavorazione e la cottura erano un segreto di mio marito che aveva perfezionato al massimo detta lavorazione. Tutto consisteva nella cottura al forno: le pipe pronte da cuocere venivano messe in recipienti, di ferro, uno strato di segatura i legna e uno strato di pipe, poi ancora uno strato di segatura e poi di pipe, e così via sino a colmare detto recipiente che veniva poi chiuso ermetico col coperchio e poi sigillato con terra refrattaria. A forno raffreddato si levava il recipiente e le pipe uscivano perfettamente nere.>

  

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